I generali americani della guerra del Vietnam erano malati di mente? Jervis sul potere e la follia (2021)

di Federico Soldani – 8 Gennaio 2021

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Trump, il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, è stato preso in considerazione nel dibattito pubblico nei giorni scorsi, per rimozione per “salute mentale” applicando il 25° Emendamento della Costituzione. Anche in passato, una valutazione psichiatrica è stata dibattuta pubblicamente, tuttavia Trump non ha accettato di essere intervistato per la divulgazione pubblica di una valutazione sulla salute mentale, ad eccezione di un test cognitivo MoCA relativamente limitato da parte del suo medico a cui è stata consentita la divulgazione pubblica.

Come scritto in precedenza in queste pagine, Trump è stato “diagnosticato” con un numero imprecisato di etichette mentali, da quelle formali, a quelle metaforiche, a quelle informali sui media, compresi i cosiddetti social, nel corso degli anni, probabilmente troppe per essere contate. Tra queste: narcisista, narcisista patologico, sociopatico, ansioso, ossessivo, compulsivo, paranoico, complottista, arrabbiato, autistico, ecc.

Considerazioni come quelle su Trump, come già scritto altrove in queste pagine, sono state fatte dallo psicologo di Harvard Murray su Hitler. La retorica usata da Murray per Hitler nel 1937 ricorda da vicino la retorica usata nel 2020 per Trump. [E nel 2022 per Putin, ndr].

Più recentemente, il dottor Allen Frances, ex capo del DSM-IV (il DSM è la cosiddetta Bibbia della psichiatria statunitense, che comprende l’elenco completo dei disturbi mentali e comportamentali), ha scritto nel suo libro “Il crepuscolo della sanità mentale americana: uno psichiatra analizza l’età di Trump” (2017): “Trump non è pazzo. Noi lo siamo.”

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A proposito degli effetti depoliticizzanti dei discorsi psicologici e medici, potrebbe essere rilevante leggere ciò che lo psichiatra italiano Giovanni Jervis nel suo ‘Manuale Critico di Psichiatria’ (Feltrinelli, 1975) scrisse sui generali americani della guerra del Vietnam:

«È giusto considerare con sospetto le tesi avanzate da certi sostenitori dell’antipsichiatria come [R.D.] Laing, quando affermano che i generali americani guerrafondai sono più pericolosamente pazzi che un individuo ricoverato in manicomio con una diagnosi di psicosi.

L’attribuire il comportamento dei generali o degli imperialisti a una sorta di irrazionalità mostruosa comunemente accettata come normale significa impedirsi di considerare che la logica della guerra, o della bomba, o della fame, non è il risultato di processi psicologici particolari, ma di un sistema sociale che non è né pazzo né irrazionale e semplicemente difende con la massima coerenza certi interessi costituiti.

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Aggiungeva Jervis: “Depsichiatrizzare significa appunto interpretare in termini politici i problemi umani.

Depsichiatrizzare significa tentare, ogni volta possibile, di intervenire con tutti gli interessati in una data situazione analizzando e modificando un sistema di rapporti interpersonali, o meglio un sistema di rapporti di potere, e favorendo una presa di coscienza individuale e collettiva, anziché applicando etichette diagnostiche a determinate persone.

Depsichiatrizzare significa anche, sempre, riformulare le domande: cioè chiedersi costantemente se il problema presentato come solo psichiatrico (“il tale è matto,” “la tale ha dei problemi,” “questa famiglia è disturbata,” “quella giovane ha tendenza alle fughe o alla promiscuità sessuale”) non sia spesso un falso problema, che rinvia ad altre persone, ad altri problemi, a un diverso sistema di valutazioni.”

Cite this article as: Federico Soldani, "I generali americani della guerra del Vietnam erano malati di mente? Jervis sul potere e la follia (2021)," in PsyPolitics, March 19, 2022, https://psypolitics.org/2022/03/19/i-generali-americani-della-guerra-del-vietnam-erano-malati-di-mente-jervis-sul-potere-e-la-follia-2021/.

Last Updated on March 20, 2022 by Federico Soldani

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