“Gli inevitabili profili di ‘psicologia fiscale'” (2021)

Verso una psico-patologia fiscale?

di Federico Soldani – 16 Aprile 2021

Per spiegare come a suo parere la psichiatria avesse a che fare non con malattie organiche ma con malattie metaforiche, ovvero comportamenti ritenuti socialmente non accettabili, etichettati e trattati come malattie vere e proprie – ma in assenza dello standard aureo della diagnosi dell’anatomopatologo – lo psichiatra Thomas Szasz ricorse a una metafora.

Szasz riteneva sicura questa metafora – in quanto metafora – tanto da potervi ancorare l’argomento per analogia secondo cui la malattia mentale fosse una “malattia” allo stesso modo in cui intendiamo che la societa’ e’ malata a seguito, ad esempio, di una cattiva politica fiscale.

“Individui con malattie mentali (cattivi comportamenti)” – scrisse Szasz nel suo manifesto“come societa’ con malattie economiche (cattive politiche fiscali) sono metaforicamente malati. La classificazione del comportamento scorretto come malattia fornisce una giustificazione ideologica per un controllo sociale sponsorizzato dallo stato come trattamento medico”.

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Sia nel 2019 sia nel 2020 ebbi modo in contesti diversi di ricordare questo ragionamento che, a torto o a ragione, Szazs proponeva. Il punto interessante infatti non e’ tanto andare indietro nella polemica tra Szasz e gli psichiatri biologici sul fatto che la malattia mentale sia una malattia metaforica vs. organica quanto il fatto che lui usasse una metafora sicura, quella della societa’ che viene detta “malata” in presenza di una cattiva politica fiscale: nessuno infatti avrebbe detto che la societa’ potesse essere malata in senso psichiatrico o persino in senso organico, al modo in cui potrebbe diagnosticare un anatomopatologo a livello individuale, a seguito di una cattiva politica fiscale.

Oggi non e’ tanto la malattia mentale come metafora che viene messa in discussione, quanto invece, al contrario, la metafora sicura della “societa’ malata” di Szasz, la quale viene sempre piu’ patologizzata – vuoi con taglio psicologico, vuoi con taglio medico – in senso letterale.

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Nel 2019 in particolare ebbi modo di notare come ci siano gruppi, vicini all’Open Democracy Network e oggi sponsorizzati da organizzazioni quali il Wellcome Trust, ovvero il Progetto di Psicologia Collettiva basato a Londra, i quali stanno cercando di inquadrare, in documenti quali “Un piu’ grande noi” ad esempio, i problemi politici come problemi di psicologia collettiva, in effetti facendo slittare il significato di affermazioni quali “la societa’ e’ malata” in una direzione sempre meno metaforica – un modo di dire, un paragone – e piu’ letterale, patologizzando i fenomeni politici.

A proposito del Progetto di Psicologia Collettiva nel 2019 affermavo (video, con sottotitoli in inglese o italiano, disponibile qui; grassetto aggiunto per enfasi):

“Quindi, al giorno d’oggi ci sono persone, questo è un progetto con sede a Londra “Il progetto di psicologia collettiva – A LARGER US” 2019 in sostanza, stanno provando, questa è la mia lettura, tra altre cose, ad inquadrare questa metafora (“la societa’ e’ malata” ndr) come se fosse letteralmente tecnicamente reale.

Perché, in sostanza le persone sperimentano paure, ansie e rabbia e queste possono essere caratterizzate come patologiche e queste possono diffondersi, come formazione sono uno psichiatra e sono un epidemiologo, come farebbe un’epidemia forse attraverso il contatto diretto o attraverso una fonte di contagio che potrebbe essere una fonte di notizie false, per esempio o forse attraverso i social media.

Va bene, quindi in sostanza dicono: “Politica, incontra la psicologia”. “Una volta che la percezione della minaccia inizia a mettere radici nella politica, è contagiosa. Di solito pensiamo ai problemi nel mondo, esaurimento climatico, estinzione di massa, iper-disuguaglianza, lotte per guarire lunghi lasciti di razzismo e discriminazione, in una categoria diversa dai problemi di salute mentale. Le crisi interna ed esterna che affrontiamo sono strettamente collegate. Invece di affrontare i problemi del mondo reale stiamo usando preziosa larghezza di banda politica per gestire la polarizzazione stessa: stalli parlamentari, chiusure da parte del Congresso. La democrazia funziona solo se un numero sufficiente di noi e’ in grado di gestire i nostri stati mentali ed emotivi. Se non siamo in grado, allora siamo completamente aperti alla manipolazione da parte di attori invisibili che possono spingerci a vedere il mondo in termini di ‘loro-e-noi’ “

Quindi, non mi interessa la vecchia polemica – continuavo nel 2019 – sono interessato al fatto che adesso il senso letterale si sta lentamente muovendo. E se considerate il fatto che il Dott. Frances (Allen Frances, che fu a capo del DSM-IV, la ‘bibbia’ statunitense della psichiatria con la lista completa dei disturbi mentali e comportamentali, ndr) anche se ha messo in dubbio il fatto che Donald Trump potrebbe non essere malato di mente o che non dovremmo caratterizzarlo in quel modo ha usato molte metafore legate alla salute mentale. Quindi, la mia tesi è che si sia trasferito dal linguaggio politico al linguaggio psicologico metaforico e altre persone come il Dott. Lee (l’altro psichiatra nel dibattito con Frances, ndr) potrebbero davvero volerci spostare o come questo tipo di persone qui (Progetto di psicologia collettiva, ndr) vicino all’Open Democracy Network vogliono spostare anche i fenomeni collettivi che una volta erano considerati metafore sicure – Il Dott. Frances in realtà menziona le cattive politiche fiscali di Trump, riduzioni fiscali per i ricchi – adesso questi vengono sempre più presentati come se fossero letteralmente malattie della società, come epidemie di malattia mentale, o qualcosa del genere”.

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La societa’ sarebbe quindi – se seguiamo il cambiamento che sembra seguire questi cambiamenti di significato – letteralmente malata, magari organicamente, quindi in definitiva bisognosa di cure anche mediche.

Si noti peraltro che questi processi – cosi’ come la loro analisi nel 2019 – avvenivano prima della pandemia 2020 da SARS-Cov-2, il coronavirus che causa la malattia detta CoViD-19 e dunque anche prima dell’esplodere del concetto di infodemia che persino l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ ha accreditato.

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E’ interessante notare come in una audizione parlamentare Italiana, davanti alla commissione per la riforma del diritto tributario (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, Commissioni Finanze / Finanze e tesoro, ‘Riforma dell’IRPEF e altri aspetti del sistema tributario’) in particolare in riferimento alla tassa conosciuta come IRPEF, Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, il direttore della Agenzia delle Entrate, Avv. Ernesto Maria Ruffini abbia affermato a gennaio 2021 (grassetto nella trascrizione originale):

“A conclusione di questa breve analisi, appare utile evidenziare come sia necessario prestare attenzione agli inevitabili profili di “psicologia fiscale“, qualunque sia l’intervento di riforma dell’IRPEF. L’applicazione di un’imposta non dipende soltanto dalla sua perfezione tecnica, ma anche dalla sua accettazione da parte dei contribuenti, accettazione che è tanto più probabile quanto più il meccanismo d’imposta risulta per essi non solo operativamente semplice – cosa che l’informatica può certo agevolare – ma anche intuitivamente trasparente e comprensibile, seppure in misura approssimata.


Valga qui per la tecnica tributaria l’ammonimento che Luigi Einaudi ha formulato per la giustizia tributaria: di non inseguire ad ogni costo la perfezione teorica assoluta, giacché il risultato potrebbe essere un’assoluta imperfezione pratica.”

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Il Corriere della Sera lo scorso gennaio cosi’ riportava sul punto (grassetto aggiunto per enfasi): «Qualunque sia l’intervento di riforma dell’IRPEF, è necessario prestare attenzione agli inevitabili profili di «psicologia fiscale». L’applicazione di un’imposta non dipende soltanto dalla sua perfezione tecnica, ma anche dalla sua accettazione da parte dei contribuenti». Lo ha detto il direttore dell’agenzia delle entrate Ernesto Ruffini nel corso della sua audizione, ricordando che l’Irpef coinvolge circa 40 milioni di contribuenti. L’accettazione di un’imposta, ha detto «è tanto più probabile quanto più il meccanismo d’imposta risulta operativamente semplice». «Nel disegnare la nuova IRPEF – ha concluso Ruffini – si dovrebbe tener conto che l’attuazione della pretesa impositiva non si esaurisce con la promulgazione della legge».

Questa tendenza si puo’ inquadrare in quella piu’ generale di cui si e’ gia’ parlato su PsyPolitics di psicologizzare e soggettivizzare la legge. Nella fattispecie, nel presente articolo, si parla di legge tributaria.

Si veda a proposito della psicologizzazione della legge il confronto tra gli psichiatri statunitensi Masserman vs. Szasz negli anni ’60 in TV – un altro confronto TV su questo tema sara’ pubblicato a breve su PsyPolitics – ma anche il seminario internazionale del maggio 2020 “Da cittadini a pazienti: una minaccia a cui resistere” (in inglese). Cosi come il dibattito sulla psicologizzazione del discorso pubblico ed effetti e funzioni di questo di cui ebbi modo di scrivere e di parlare nel 2019.

L’introduzione piuttosto sorprendente dell’elemento psicologico, per altro presentato come in qualche modo inevitabile, in una audizione parlamentare sulla riforma del diritto tributario appare avere qui il modesto compito di parlare di accettazione pratica da parte del contribuente il quale paga le tasse se in qualche maniera le sente giuste o le comprende o e’ magari convinto sia un bene pagarle. Un discorso apparentemente semplice da capire e di buon senso.

E’ pero’ legittimo porsi delle domande, certamente insolite, soprattutto dato il contesto attuale di psicologizzazione e medicalizzazione generalizzata del discorso pubblico gia’ affrontato in piu’ occasioni in queste pagine e non solo. Anche dato il tentativo specifico discusso nel 2019 di trasformare come visto, da parte di gruppi come il Progetto di Psicologia Collettiva basato a Londra, metafore quali “la societa’ e’ malata” o problemi politici legati al razzismo, ai cambiamenti climatici, alla “iper-disuguaglianza” (come se la diseguaglianza non fosse piu’ un problema se non quando e’ iper), ecc. in problemi di salute mentale.

Anche perche’ – e questo e’ l’anello al momento ancora mancante per cosi’ dire – una volta che si introduca il concetto di “psicologia fiscale” per indicare un buon funzionamento della fiscalita’ dello stato e’ implicito il concetto di un cattivo funzionamento che quindi potrebbe indicare una psico-patologia fiscale? Rendendo cosi’ anche la metafora sicura di Szasz della “societa’ malata” a causa di una cattiva politica fiscale sempre meno metaforica e piu’ letterale.

Una psico-patologia fiscale potrebbe almeno in teoria prevedere delle cure mediche “fiscali”, magari pagate dallo stesso stato, indicate da protocolli stabiliti e in qualche circostanza piu’ o meno esplicitamente obbligatorie? E dopo la cura, magari a base di moderne terapie mediche con sostanze allucinogene – e’ di ieri la pubblicazione dello studio randomizzato sulla psilocibina, principio attivo dei cosiddetti ‘funghi magici’ ‘Trial of Psilocybin versus Escitalopram for Depression’ sul New England Journal of Medicine – le tasse appariranno piu’ buone e giuste?

“La classificazione del comportamento scorretto come malattia” – sosteneva lo psichiatra Szasz – “fornisce una giustificazione ideologica per un controllo sociale sponsorizzato dallo stato come trattamento medico”.

Cite this article as: Federico Soldani, "“Gli inevitabili profili di ‘psicologia fiscale'” (2021)," in PsyPolitics, April 16, 2021, https://psypolitics.org/2021/04/16/gli-inevitabili-profili-di-psicologia-fiscale-2021/.

Last Updated on April 18, 2021 by Federico Soldani

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