di Federico Soldani – 11 Ottobre 2020
Il 25 giugno 1940 era in corso la Seconda Guerra Mondiale.
Eric Arthur Blair, meglio conosciuto come George Orwell, scrisse nei suoi diari un commento sui civili che indossavano maschere antigas durante la guerra. Si temeva che i raid aerei della Germania nazionalsocialista potessero fare uso di gas letale (alcune foto sotto, altre qui).

L’anno successivo Orwell iniziò a lavorare per la BBC (British Broadcasting Corporation) come autore e conduttore, per la propaganda del servizio orientale per il subcontinente indiano, presso cui lavorò fino al 1943. All’epoca parlò di “due anni sprecati” in una lettera a Philip Rahv il 9 dicembre.
Sua moglie Eileen O’Shaughnessy, una psicologa infantile (Master of Arts in Educational Psychology presso UCL, University College London), lavorava già all’epoca per il dipartimento della censura, a seconda della fonte o per il Ministero dell’informazione (MoI) o per il War Office di Whitehall, Londra (Orwell conferma questa seconda opzione in una lettera a Leonard Moore del 6 ottobre 1939; Diaries, ed. Peter Davison 2009).
Ecco l’estratto dai diari di Orwell in cui ebbe modo di riflettere sull’effettiva utilità delle maschere antigas rispetto al loro significato sociale, nazionale e simbolico, nonché sull’efficacia delle notizie di guerra sulla popolazione civile.

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Diari di guerra di George Orwell, 25.6.40 (grassetto aggiunto)
Ho visto in uno dei giornali di ieri che le maschere antigas vengono distribuite in America, anche se le persone devono pagarle. Le maschere antigas sono probabilmente inutili per la popolazione civile in Inghilterra e quasi certamente anche in America. La loro distribuzione è semplicemente un simbolo di solidarietà nazionale, il primo passo prima d’indossare un’uniforme.
Non appena è scoppiata la guerra, portare o meno una maschera antigas ha assunto implicazioni sociali e politiche.

Nei primi giorni le persone come me che si rifiutavano di portarne una venivano fissate per strada e generalmente si pensava che i non portatori fossero “di sinistra”.
Poi l’abitudine si ridusse e si presumeva che una persona che portava una maschera antigas fosse del tipo estremamente cauto, il tipo del contribuente suburbano. Con le cattive notizie l’abitudine è tornata e penso che ora il 20% le porti. Ma vieni ancora un po’ fissato se ne porti una senza essere in uniforme.
Fino a quando non si sono verificate le grandi incursioni e si è capito che i tedeschi in realtà non usano il gas, la misura in cui vengono portate con sé le maschere è probabilmente un buon indice dell’impressione che le notizie di guerra stanno facendo sul pubblico.


Last Updated on October 21, 2020 by Federico Soldani